Un po’ di storia
È con l’arrivo nella zona dei Lyki – detti poi Lucani, dai quali deriva la denominazione Lucania –, che si può parlare di un vero e proprio sviluppo della vitivinicoltura. Un ulteriore impulso al settore fu dato successivamente dagli insediamenti delle prime colonie greche e la produzione di vino acquistò maggiore importanza a livello economico, come testimoniano alcune monete dei secoli seguenti, sulle quali spicca un grappolo d’uva, che a un esame approfondito degli studiosi sembra sia appartenuto alla famiglia delle viti labrusche e delle aminee. Ma nulla si sa sulla qualità dei vini prodotti e imbarcati sui vascelli che seguivano le rotte che facevano capo al Metapontino.
Qualcosa di più si apprende dall’Età romana, grazie al poeta Orazio, nativo di Venosa in provincia di Potenza, che nelle sue Odi parla della vite e del vino dei luoghi natii. Anche Plinio il Vecchio ricorda la fama dei vini di Tempsa – antica città lucana oggi scomparsa – e di altri centri vinicoli come Buxentum, l’odierna Policastro.
Deve trascorrere più di un millennio prima di avere nuove notizie sui vini della Basilicata. Prospero Rendella, nel 1629, descrive i vini delle Due Sicilie e accenna al Melfiaco, vino di Melfi, descrivendolo come 'fragrante, dorato e dolcissimo' e per nulla inferiore ai vini di Creta e di Cipro, sebbene non ottenuto né da moscato né da malvasia.
Ancora buio fitto per tre lunghi secoli e si arriva al XIX secolo, quando Ottavio Ottavi, nel 1870, osserva che la zona migliore e di maggiore produzione è quella di Melfi, anche se il vino non era imbottigliato né commercializzato, ma venduto come prodotto da taglio e molto gradito ai cantinieri di Napoli. Nel 1893 Giovanni Bianchi, esperto in enologia, dedica una monografia ai vitigni e ai vini della Basilicata, parlando di quelli del Vulture, e giudica quella zona la migliore per la produzione di vini di qualità. Da altri studiosi di fine secolo, come Pompeo Trentin e Salvatore Mondini, si apprende che, oltre ai vini del Vulture - in particolare quelli di Rionero e Barile -, se ne producono altri, soprattutto nella zona del Potentino, da pasto e da mezzo taglio, ma anche cerasuoli e bianchi. I vini che primeggiano sono l’Aglianico del Vulture e l’Aleatico di Rionero, ma sarà il primo a diventare il vero protagonista e il simbolo enologico della Basilicata.
All’inizio del XX secolo la composizione del vigneto è quanto mai variegata. In seguito all’unità d’Italia, arrivano dal Piemonte il dolcetto, dalla Campania l’asprinio e il fiano, dalla Puglia il bombino bianco, il bianco d’Alessano, la malvasia, la verdeca e il moscato, dalla Calabria il gaglioppo, la malvasia nera e il montonico. L’arrivo in questa regione del flagello della fillossera sconvolge vigneto e produzione, ma non incide in termini di reimpianti, lasciando pressoché immutata la vecchia piattaforma ampelografica della Basilicata.
L’ambiente pedoclimatico
La Basilicata presenta un territorio prevalentemente montuoso e collinare – che sfiora l’estensione di 10.000 kmq – e si affaccia sul Golfo di Taranto, bagnata dal Mar Ionio, e sul Golfo di Policastro, bagnata dal Mar Tirreno.
L’Appennino lucano interessa il settore occidentale e centrale della regione.
La parte occidentale è composta da una successione imponente di aspre montagne formate da rocce calcaree e arenarie, con scarsa vegetazione, e i maggiori rilievi sono il Monte Pollino (2248 m) e il Monte Sirino.
Nella parte centro-orientale il sistema montuoso è prevalentemente formato da argille, marne argilloso-calcaree e arenarie, e declina gradualmente sulla breve fascia pianeggiante della costa sul Mar Ionio.
A nord è presente il vistoso gruppo vulcanico dominato dal Monte Vulture (1326 m), le cui propaggini si spingono fino alla vallata dell’Ofanto. Tra le zone montuose e collinari sono intercluse vallate e tratti pianeggianti di notevole estensione, come la Valle di Vitalba, con struttura del terreno molto varia. La parte montuosa è costituita da formazioni in prevalenza calcaree su cui poggiano arenarie, conglomerati e argille stratificate con calcare.
Il vigneto lucano nel Vulture.
Le medie e basse colline che si spingono ai piedi della catena delle Murge sono costituite da estese zone argillose e sabbie compatte, sulle quali si notano anche saltuari sedimenti marini, in sovrapposizione a sabbia e ghiaia, mentre nei fondovalle prevalgono accumuli alluvionali e marini, che determinano profondità e fertilità. La zona del Massiccio del Vulture è formata da masse rocciose effusive ed eruttive, che ricoprono gran parte del territorio di Melfi, rendendo la zona favorevole alle colture della vite e dell’olivo.
I fiumi più lunghi – Bradano e Basento – e i più brevi – Cavone, Agri e Sinni –, sono tributari del Mar Ionio e scendono al Golfo di Taranto con un regime torrentizio e alvei molto larghi. L’intero settore settentrionale della Basilicata, tramite l’Ofanto, tributa le sue acque al Mare Adriatico, mentre la fascia occidentale le manda al Platano e al Noce, che scendono al Mar Tirreno.
Il clima è continentale nelle parti più interne ed elevate, con freddo invernale e nevicate in montagna, mentre le estati sono miti ma di breve durata. Le zone costiere presentano condizioni climatiche mediterranee, e nelle zone di bassa collina e di pianura l’inverno non è freddo e l’estate è molto calda. Anche le precipitazioni sono molto varie, più abbondanti in autunno, con differenze accentuate tra la parte montuoso-collinare e quella pianeggiante, con medie annuali che vanno dai 500 millimetri nelle zone collinari e di pianura, ai 600-800 millimetri e oltre in quelle più elevate. Nel territorio vicino alle Murge si hanno periodi caldi e di prolungata siccità, con un clima paragonabile a quello arido del Tavoliere in Puglia.
La gastronomia
In tempi molto lontani giunsero sulle coste della Basilicata popoli diversi, come Greci, Fenici, Arabi, Albanesi, Normanni, Spagnoli e Francesi, che portarono in questa terra le loro tradizioni, poi modificate e fuse in specialità che si possono gustare ancora oggi. Inoltre, negli ultimi due secoli, la gastronomia lucana ha risentito molto dell’influsso delle regioni confinanti, soprattutto sul versante pugliese. Oggi, la cucina resta sostanzialmente legata alla tradizione rurale, ma è molto interessante perché esprime un forte legame con le risorse naturali locali e con il sapore delle ricette più antiche.
Gli antipasti, in pratica, non ci sono, se si esclude il largo impiego di salumi, prosciutti sapidi e magri, coppa e pezzenta, vecchiredda e ventresca di Picerno – salsiccia aromatizzata con semi di finocchio –, soppressata e capocollo, tutti rigorosamente arricchiti dai sapori forti del peperoncino, del quale in questa regione si fa un uso industriale, perché entra nella preparazione di una miriade di piatti e in quella di una salsa davvero incendiaria, chiamata localmente diavolicchio.
Le fave sono protagoniste di molte specialità lucane.
Tra i primi piatti, alcuni sono molto particolari, come la tipica purea di fave e cicoria, i fusilli con le fave, le fave e le bietole, fave lessate e ridotte in purea, servite con olio extra vergine e bietole bollite.
Altre preparazioni molto gustose sono le orecchiette alla lucana – condite con carne di vitello, pomodori, basilico, pecorino grattugiato e peperoncino –, le lasagne e fagioli con pepe e aglio, i ravioli farciti con ricotta, uova, prosciutto crudo e pepe, i maccheroni a ferretti, i calzoncini – specie di ravioli a mezzaluna con un ripieno di ricotta, zucchero, noce moscata e cannella –, i minuich – piccoli cilindri di pasta arrotolata a mano, talvolta serviti con broccoli – e il riso e funghi, con fagioli bianchi, cotenne di maiale e funghi rosolati.
E poi le zuppe, come la zuppa di verdura – preparata con le eccellenze delle produzioni ortive lucane, come il fagiolo Bianco di Rotonda DOP o i fagioli di Sarconi IGP, la melanzana rossa DOP e il peperone di Senise IGP, sempre conditi con l’olio extra vergine di oliva Vulture DOP –, la zuppa di pesce – con scorfano, seppie, cernia e sarago, cotti con olio extra vergine, aglio, prezzemolo e cipolla –, oltre alla cicoria in brodo con cubetti di prosciutto.
I secondi piatti più incisivi sono l’agnello ai funghi, il cazzmarr – stufato di interiora di agnello, pecorino, prosciutto, peperoncino e vino –, l’agnello in casseruola – con patate, alloro, cipolle e olio extra vergine – e la pignata, un piatto che prende il nome dal recipiente nel quale l’agnello, marinato con peperoni piccanti, verdure, formaggio stagionato e vino, è cotto molto lentamente per alcune ore.
Tra i piatti a base di maiale si può gustare la cotechinata – involtini di cotenna di maiale con battuto di lardo, prezzemolo e aglio – e le salsicce locali, che darebbero origine al nome della salsiccia o lucanica, come conferma lo scrittore Aulo Terenzio Varrone, che riferisce come i legionari romani avessero appreso dai Lucani l’arte di insaccare in un budello carne trita di maiale condita con spezie ed erbe aromatiche.
Buone sono anche le lumache all’origano, pulite e sgusciate, poi cotte a fuoco lento in tegame con pomodoro e aglio.
Le mandorle sono ingredienti di molti dolci
e della famosa mandorlata di peperoni.
Il settore caseario offre ottimi formaggi come burrini, cacioricotte, mozzarelle, provoloni, scamorze, vari tipi di ricotte diversamente stagionate, pecorini a pasta dura o semidura e saporiti come quello di Filiano DOP, il canestrato di Moliterno IGP con latte di capra e pecora e il caciocavallo podolico DOP, considerato il re dei formaggi meridionali a pasta filata, ottenuto da latte bovino.
Il ricco calzone di verdure – una vera e propria pietanza – è preparato con pasta di pane, indivia, bietole e altre erbe, mentre veri e propri contorni sono la ciammotta – un mix di patate, peperoni, melanzane, aglio e pomodoro –, la mandorlata di peperoni cucinati insieme a olio extra vergine, mandorle e pomodoro, il ciaudedda – stufato di carciofi, fave, patate e cipolle –, la parmigiana di melanzane e la marmellata di lampascioni.
Tra i dolci, le cicirate sono deliziose palline fritte e servite con miele, ma sono altrettanto amati gli strangolapreti e la torta al formaggio – con formaggio fresco, ricotta e prosciutto tritato, avvolti da un involucro di pasta frolla –, i panzerotti – ceci bolliti e setacciati, addolciti con cioccolato, cannella e zucchero – e la lagana chiapputa, un dolce tipico non più molto diffuso, a base di lasagne condite con mosto cotto per un giorno intero, arricchito con noci, uva passa e pane grattugiato, da servire caldo o freddo.